INTRODUZIONE DIDATTICA
- dal sito web dell’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo
Lo scopo di questo ipertesto multimediale è di carattere informativo e didattico sul terrorismo politico che ha connotato un ventennio della recente storia italiana. Per molti motivi il fenomeno è stato quasi rimosso, sia a livello di dibattito politico che di analisi storica e culturale, riscuotendo solo recentemente una certa attualità editoriale.
Proprio dalle recenti pubblicazioni che hanno portato la testimonianza delle vittime e dei familiari superstiti di quegli anni, si presenta una antologia critica di brani che ripercorre per capitoli il ventennio 1968-1988; il tutto corredato da oltre 500 fotografie, filmati dal repertorio RAI e dai radiogiornali, nonché da un atlante storico dei principali fatti nazionali ed internazionali e da una elencazione biografica delle vittime.
La chiave di lettura proposta è quella della voce delle vittime. L’ipertesto non deve essere considerato come una tardiva, e comunque insufficiente, forma di compensazione verso coloro che per lunghi decenni hanno patito, oltre ad un generale silenzio, anche il disinteresse dello Stato. Esso è piuttosto una documentata rassegna ed una rivisitazione dell’intolleranza e della violenza politica in Italia.
Percorrendo l’ipertesto è quindi possibile articolare studi e riflessioni didattiche per:
a) recuperare/rielaborare la memoria dei fatti, molti dei quali rischiano l’oblio totale;
b) incrementare ed approfondire il livello di informazione/conoscenza sul fenomeno del terrorismo interno ed internazionale e le sue radici storiche e culturali;
c) incoraggiare e accrescere nei giovani lo sviluppo di una coscienza critica verso il fenomeno del terrorismo e le diverse forme di violenza in politica.
LE RADICI STORICHE E CULTURALI
Sull’origine storico-culturale del terrorismo, non trattata all’interno dell’ipertesto, segnaliamo le plurime suggestioni che si possono cogliere nell’evoluzione del terrorismo a partire dalla sua prima affermazione nel corso della rivoluzione francese, che può essere analizzato con l’ausilio di diverse discipline: dalla storia delle dottrine politiche alla sociologia, dalla filosofia alla letteratura, o discusso attraverso una delle più suggestive riflessioni sulla violenza politica che sia stata fino ad ora scritta: “L’uomo in rivolta” di Albert Camus.
«Il terrorismo moderno viene definito e battezzato da Robespierre, che è il primo a precisarne la funzione politica nell’accezione oggi ancora usata. Nel suo intervento alla Convenzione dice: “La spinta maggiore al governo popolare in tempo di guerra è data dalla virtù e dal terrore: il terrore senza virtù è fatale, e la virtù senza terrore è inerme”. Dopo la rivoluzione francese, tutto il terrorismo rivendicherà sempre sé stesso come strumento di giustizia».
(Lucia Annunziata, in “Anni di piombo, Il Piemonte e Torino alla Prova del Terrorismo”, Rubbettino 2007)
Una giustizia assoluta che pretende di saldare nella storia umana la virtù pura e astratta all’agire reale e concreto dei cittadini. Anche Albert Camus parte dal 1793, da Saint-Just che esclama: “O la virtù o il terrore”. «Pretendendo di costruire la storia sopra un principio di purezza assoluta, la rivoluzione francese apre i tempi moderni…». La sua riflessione si snoda tra filosofia politica e letteratura fino agli Anni Cinquanta e indica la sola virtù media umanamente perseguibile, tra l’assoluto virtuoso e il cinico realismo, per cui, nell’agire politico «non importa la causa difesa, sarà inevitabilmente disonorata dal cieco massacro di un innocente».
L’importante riflessione del premio Nobel Camus è stato dimenticato per decenni, al pari delle vittime, ma resta fermo e incancellabile nella sua cocente attualità: «La misura c’insegna che occorre ad ogni morale una parte di realismo: la virtù pura è omicida; e che occorre una parte di morale ad ogni realismo: il cinismo è omicida». È la dismisura a giustificare il terrore: infatti «il bene assoluto e il male assoluto, se vi si mette quanto occorre di logica, esigono lo stesso furore».
Una riflessione da sottoporre ai giovani sul loro modo di stare nella società, per cercare di prevenire il rischio che possano contrapporvisi in maniera violenta, anziché esercitare il diritto alla politica nel più completo rispetto della vita e delle idee degli altri.
Luca Guglielminetti